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ROMA – L’episodio è recente. Lo riferiscono fonti diplomatiche di Roma. Raccontano che nel corso di un vertice internazionale il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, si sarebbe lasciato andare a una confidenza con alcuni interlocutori, a loro volta diplomatici. Il cui senso è questo: Mario Draghi starebbe lavorando a una staffetta con Daniele Franco. L’attuale premier andrebbe al Quirinale, il ministro dell’Economia traslocherebbe a Palazzo Chigi.
Quirinale, un nome condiviso è la grande occasione di riscatto dei partiti
di
Stefano Cappellini
01 Dicembre 2021
È normale che il titolare della Farnesina venga interpellato sullo snodo cruciale che attende il Paese a metà gennaio. Ed è ovvio che gli interlocutori lo incalzino con domande mirate, ovviamente a margine dei format ufficiali. Altrettanto ovvio è che Di Maio – se non altro per il ruolo che ricopre – assicuri che si troverà una soluzione in grado di mettere in sicurezza il Paese. Sempre secondo la confidenza ai diplomatici, l’obiettivo del responsabile del Tesoro sarebbe quello di traghettare il governo quantomeno fino a settembre del 2022. Obiettivo minimo, visto che la legislatura scade la primavera dell’anno successivo. Proprio oggi, intanto, Franco sarà a Strasburgo. L’occasione è la commemorazione di Valéry Giscard d’Estaing. È stato Emmanuel Macron a invitare i capi di Stato e di governo. Per le istituzioni europee parteciperanno Ursula von der Leyen, Charles Michel e David Sassoli. Per l’Italia il ministro, a dimostrare il legame di fiducia che lo lega al premier.
Lo scenario confidato da Di Maio, a scavare nei partiti, resta comunque un’opzione non priva di incognite. Tre in particolare: è uno schema che rischia di ingabbiare il Pd in un accordo di unità nazionale dal quale Salvini potrebbe sfilarsi poco dopo, tornando a saldarsi con Giorgia Meloni in vista delle politiche. E ancora: i 5S, che si sono pubblicamente esposti a favore della permanenza del presidente del Consiglio a Palazzo Chigi, sosterranno questa ipotesi? E infine: avrebbe il ministro del Tesoro la forza per gestire una maggioranza che va dal Carroccio al Pd, e che lo stesso Draghi a volte fatica a contenere?
Tutto, è evidente, ruota e continua a ruotare attorno al ruolo dell’attuale presidente del Consiglio. Soltanto tre giorni fa, pubblicamente, il ministro degli Esteri ha insistito sulla necessità che Draghi continui a rappresentare l’Italia, senza indicare esplicitamente una preferenza tra Palazzo Chigi e il Colle. Nel frattempo, anche Giancarlo Giorgetti sembra continuare a sperare nell’eventuale ascesa dell’ex banchiere al Colle. Così, almeno, lascia intendere, intercettato a Montecitorio in un piovoso mercoledì pomeriggio dedicato al question time.
Salvini congela il progetto della Destra europea: “Troppi egoismi, i tempi non sono maturi”
di
Emanuele Lauria
01 Dicembre 2021
Il big leghista è alla buvette. Sorseggia un caffè con un collega. È un giorno importante, Salvini ha appena annullato la missione a Varsavia. Sembra aver prevalso la linea “giorgettiana”, quella che recita: lontani dai sovranisti di estrema destra, vicini al popolarismo europeo. È così? “Non so, sapete più cose di me. A Roma c’è brutto tempo, figuriamoci a Varsavia…”. Ecco la sua linea, travestita da metafora meteorologica: meglio tenersi alla larga dagli estremisti dell’Est Europa. Ma è alla domanda sul Quirinale che il titolare dello Sviluppo economico lancia un altro segnale. La domanda è sempre la stessa: con il balletto “Draghi sì, Draghi no” al Colle non si rischia di spezzare la corda? “Dipende dalla qualità della corda”, è la replica. Il primo ad aver lanciato l’attuale premier per il Colle, insomma, non sembra aver rinunciato alla missione. E dire che invece altri leader pensano che Draghi debba restare a Palazzo Chigi. Uno è Silvio Berlusconi, che punta a quel traguardo per coronare la carriera. Un altro è Salvini, almeno stando alle sue ultime uscite pubbliche in netta controtendenza rispetto a Giorgetti. Un altro ancora è Matteo Renzi. Il leader di Italia Viva si muove molto, ultimamente. Dopo anni di gelo, ha cenato a Bruxelles con il commissario europeo ed ex premier, Paolo Gentiloni. Agisce avendo come obiettivo politico quello di scardinare l’asse Pd-Movimento, in modo da rimescolare le carte e risultare determinante nella scelta del candidato per il Colle. Il nome considerato assai vicino a Renzi è quello di Pier Ferdinando Casini. Non è una novità e non si tratta di un profilo che facilmente riuscirà a imporsi. Nelle ultime ore, però, il fondatore di Italia Viva sarebbe tornato alla carica, spingendo per questa soluzione direttamente con Salvini.