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Nuovo Csm, le toghe di sinistra divise e sconfitte. Appello della gip Maccora: “Ora un campo largo dei magistrati progressisti”

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Letta lavora per il “campo largo” della sinistra politica. Le toghe di sinistra invece si sono divise ormai da una dozzina di mesi. Da una parte AreaDg – Area democratica per la giustizia, ma la chiameremo Area, dall’altra Magistratura democratica. Non senza dure asprezze. Da divorzio sofferto, insomma. E adesso, a due anni e otto mesi dall’esplosione del caso Palamara in cui a fare la parte dei “cattivi” erano quelli di Unicost e di Magistratura indipendente, succede che le toghe vanno al voto… e, sorpresa, vince proprio Mi, mentre la sinistra divisa arriva dopo. L’unica cosa certa è che ne esce con le ossa rotte Unicost. Alla vigilia della nuova legge sul Csm e sul sistema per eleggerlo, che per le mani di Marta Cartabia a breve arriverà a Montecitorio, Repubblica ne ha parlato con Ezia Maccora, l’ex gip di Bergamo che seguì il caso Yara e oggi è presidente aggiunto dei giudici per le indagini preliminari a Milano. Toga di Md, consigliera del Csm tra il 2006 e il 2010, protagonista della politica associativa dei magistrati da oltre trent’anni.

Mattarella: “La riforma del Csm prima delle nuove elezioni: non è più rinviabile. Mai cedere a una sterile difesa corporativa. Le sentenze siano improntate a equità e ragionevolezza” ”

di

Simona Poli

24 Novembre 2021

Il “campo largo” delle toghe

Il “campo largo” allora. Letta dialoga e cerca l’aggregazione con tutto il mondo progressista, Area e Md vanno ciascuna per conto proprio. Lavorate per far vincere la destra della magistratura? Maccora prende le distanze subito: “Dico subito che questa equiparazione tra le vicende della politica e quelle dell’associazionismo della magistratura non è possibile”. Che fa, cerca di sfuggire al problema? “La considero una provocazione, ma non sfuggo. In un sistema elettorale proporzionale, presentare due liste, com’è accaduto a Roma, in realtà rafforza il campo progressista proprio come dimostrano i risultati. Le due liste hanno ottenuti tre seggi e la somma dei voti è superiore a quelli ottenuti dalla sola Area nelle elezioni del 2017. Questo significa che sono stati intercettati consensi che forse non ci sarebbero stati senza la discesa in campo di Md da sola. Un risultato ancor più significativo se si considera che sono diminuiti significativamente i votanti. Adesso gli eletti di Area e di Md, tutti molto stimati, lavoreranno insieme per affermare i valori comuni al campo progressista. Quindi, come vede, si lavora per un progetto contrapposto a quello della magistratura conservatrice”.

Andiamo con ordine. Maccora dice che, messe assieme, Area e Md, a Roma, raccolgono 269 voti, poco al di sotto dei 284 di Mi. Ma dovrebbe sapere fin troppo bene, per il ruolo che ha da sempre tra le “toghe rosse”, che tra i due gruppi c’è stata e c’è guerra, e l’uscita di Md da Area è stato un divorzio lungo, sofferto, astioso e litigioso. “L’esperienza di Area come movimento che racchiudeva al suo interno più gruppi, richiedeva una grande maturità politica che non sempre vi è stata – ammette Ezia Maccora – Era una scommessa di allargamento dell’area progressista molto difficile fin dalla sua nascita, che purtroppo negli ultimi anni, soprattutto quando Area si è strutturata come gruppo, ha mostrato delle criticità che nel tempo si sono dimostrate insuperabili”. E non è forse vero che Md ha mantenuto fortemente la sua identità? “Md ha sempre avuto una forte caratterizzazione culturale e di apertura all’esterno, come dimostra la rivista Questione giustizia, che Md promuove. Md è una realtà viva e che vuole continuare a esserlo con le sue radicalità. Ciò però non esclude percorsi e obiettivi comuni con Area, anzi li favorisce in una logica di piena trasparenza”.

Ma non le pare che – proprio come sta facendo Letta con il “campo largo” – si debbano lasciare da parte le schermaglie e la guerra di posizione tra “capetti”? “Certo che sì” dice Maccora, che rivela anche un sentimento diffuso tra i suoi colleghi: “I magistrati e le magistrate di orientamento progressista non ne possono più di atteggiamenti divisivi e di logiche di potere che pure si sono riscontrate. Aspirano a riconoscersi in un progetto che migliori la giustizia e  preservi l’indipendenza e l’autonomia della magistratura. Aspirano ad affidare i compiti di rappresentanza anche esterna, per un proficuo dialogo con le altre Istituzioni, alle magistrate e ai magistrati più stimati e capaci che vogliono poter scegliere”. E lei pensa che questa “voglia di unità” possa prevalere sulle divisioni storiche e astiose? “Quanto è accaduto in questi mesi, dopo il congresso di Md a Firenze e di Area a Cagliari, vuole raggiungere proprio questi obiettivi comuni, con le forme di aggregazione più efficaci e più idonee rispetto al sistema elettorale esistente. Il progetto dei due gruppi si rivolge ad elettori che possono avere la doppia iscrizione, e che voteranno per candidati considerati loro più affini e più stimati, sempre per raggiungere obiettivi comuni. A Firenze, per esempio, tutto questo ha portato a presentare una lista comune tra Area e Md”.

Magistratura indipendente arriva prima

Il dato di cronaca è comunque questo. A fine novembre si è votato a Roma e a Palermo per le giunte locali dell’Anm, e gli esiti sono stati sorprendenti. Vince Magistratura indipendente, il gruppo che certo porta una bella responsabilità nella vicenda Palamara. Solo Unicost viene punita. Qui Maccora è cauta nel “leggere” questo risultato. “Siamo di fronte a elezioni locali di due distretti, precedute da quelle di Firenze e a cui seguiranno quelle di Napoli, dove si voterà a metà dicembre. Dunque un quadro ancora molto parziale per esprimere un giudizio compiuto”. Eh sì, replico, ma i voti sono voti, e Mi ha vinto. Questo è fuori discussione. “Certamente alcune osservazioni si possono cominciare a trarre – ragiona Maccora – Alcuni dati sono oggettivi: innanzitutto il gruppo maggiormente penalizzato è quello di Unicost, a cui apparteneva Luca Palamara, che ridimensiona fortemente il proprio consenso nonostante sia il gruppo che sta cercando di avviare al suo interno un significativo mutamento, probabilmente non del tutto compreso dagli elettori. Il trend per questa realtà associativa non è positivo in nessuno dei distretti in cui si è votato. Nello stesso tempo Mi mantiene e aumenta il consenso, e quindi viene ancora vissuta, da una parte dei magistrati, come espressione di una buona proposta di politica associativa, nonostante le vicende che hanno coinvolto una parte dei consiglieri di questo gruppo in occasione delle vicende dell’Hotel Champagne. Personalmente non condivido la proposta politica di Mi, ne sono molta lontana culturalmente, ma questo non mi impedisce di rispettare il voto che gli elettori hanno espresso in nome di quel pluralismo che ritengo sia sempre un valore da salvaguardare nelle competizioni elettorali che coinvolgono la magistratura. Non auspico un’associazione composta o solo dalla magistratura progressista o solo dalla magistratura più conservatrice”.

Ferri toga e deputato? “Serve una netta divisione”

Sta di fatto che Mi vince a Roma. Che effetto le fa? Maccora riflette qualche istante e risponde: “Forse una parte della magistratura attribuisce a tutti i gruppi, senza particolari distinzioni, la responsabilità delle cadute etiche che hanno coinvolto il Consiglio superiore. Ma non dimentichi che il voto di astensione dice molto del malessere e della sfiducia che alberga tra i colleghi rispetto alle politiche associative”. Però vorrei riflettere su un paio di fatti. La giunta per le autorizzazioni della Camera ha negato il via libera all’uso delle intercettazioni per Cosimo Maria Ferri. E lui, da deputato di Italia viva, è l’uomo per la giustizia di Renzi. Luca Lotti, un altro protagonista degli accordi fatti all’hotel Champagne, sta tranquillo nel Pd. Però tutta la politica critica il correntismo. Non ci vede una contraddizione? La replica di Ezia Maccora è netta: “La contraddizione maggiore che vedo è l’esistenza di una figura ibrida, come quella di Cosimo Ferri, che riveste contemporaneamente  il ruolo di magistrato e di parlamentare. È tempo di fare chiarezza e di segnare una netta divisione tra questi due ruoli. La magistratura lo chiede da tempo, adesso spetta al Parlamento legiferare”.

L’allarme sull’assenteismo

Come nelle elezioni amministrative, anche per quelle dei magistrati c’è stato un forte assenteismo: “Sì, c’è stata un’alta astensione a Roma dove non ha votato il 33% dei colleghi. Tanti magistrati che non si riconoscono più nelle proposte di politica associativa esistenti, che probabilmente ritengono tutti i gruppi responsabili delle cadute etiche che lo scandalo romano ha portato a galla e che con il voto di astensione lanciano un allarme. Un allarme che deve essere raccolto da ognuno di noi se vogliamo una associazione  veramente rappresentativa della magistratura”. 

Davigo e il successo dei Centouno

Ma se Ferri è sempre lì, al suo posto, potente punto di riferimento per Mi, invece tra le correnti non si presenta a Roma quella di Davigo, leader di Autonomia e indipendenza, nata proprio in alternativa a Ferri e al suo ruolo predominante dentro Mi. Maccora replica seccamente: “Anche qui la storia ci insegna che le realtà associative legate alla vita dei singoli leader, e non a pensieri e lavori collettivi, fanno poca strada”.

E allora si può spiegare invece il successo siciliano di Articolo 101, la corrente all’opposizione dell’Anm che chiede a gran voce il sorteggio per eleggere il futuro Csm? “Il risultato siciliano – dice Maccora – credo sia da collegare proprio alla sfiducia che si registra tra i magistrati rispetto ai tradizionali gruppi associativi, dopo le vicende dell’Hotel Champagne. Infatti a Palermo non si è avuto un voto di astensione significativo coma a Roma. Un risultato, quello dei Centouno, da non sottovalutare, proprio perché raccoglie un malessere esistente. Ma neppure da enfatizzare. Si tratta pur sempre di un’esperienza che non è presente in altre realtà territoriali e che si caratterizza per una proposta politica, il sorteggio per le elezione del Csm, incostituzionale”.

Il sorteggio per il Csm

È la “battaglia d’inverno” della magistratura.  Quella della legge per eleggere il prossimo Csm.  Lei cosa si augura Maccora? “Spero soprattutto che ci si arrivi presto, come ha sollecitato il presidente Mattarella. La competenza spetta ovviamente al Parlamento, che mi auguro lavori per approvare una legge che salvaguardi nella rappresentanza il pluralismo esistente nella magistratura. Sono certa che di fronte a una nuova legge elettorale i gruppi che si riconoscono in un comune progetto progressista percorreranno la strada più idonea e arriveranno alle scelte più efficaci per assicurare a chi si riconosce in quella idee una presenza importante al Consiglio”.

E qui è inevitabile tornare al “campo largo”, senza il quale potrebbe vincere chi vuole affidare tutto al sorteggio. La bocciatura di Maccora è netta: “Il sorteggio è incostituzionale. Due commissioni del Ministero, quella Scotti e quella Luciani, hanno evidenziato, in momenti diversi, tutte le ragioni tecniche che si frappongono a questa soluzione. Argomentazioni con cui ci si deve confrontare. La priorità adesso è modificare l’attuale legge elettorale che ha finito nel tempo con l’affidare a meri centri di potere e alle oligarchie la scelta dei candidati e delle candidate sottraendole agli elettori e alle elettrici, svilendo del tutto il concetto stesso di rappresentanza. Un sistema che ha favorito anche quanto emerge dalla ultime vicende romane”.

Ma che succederebbe se invece dovesse prevalere il sorteggio, anche in una forma temperata? Davvero squasserebbe le correnti? Oppure verrebbe letto come la definitiva lezione per limare le unghie alle toghe? “Escludo che possa accadere – risponde Maccora – E in ogni caso non si tratta di salvaguardare le correnti, ma di avere un organo di governo autonomo in grado di garantire l’autonomia e l’indipendenza della magistratura, che tutto il Paese dovrebbe avere a cuore. Almeno si spera”. Una breve esitazione, e Maccora aggiunge: “Mi lasci dire che trovo veramente incomprensibile che tale proposta provenga da alcuni magistrati, perché è come se alcuni cittadini e alcune cittadine affermassero che per avere un buon Parlamento non sarebbe necessario esercitare il  diritto di voto, ma basterebbe affidarsi al sorteggio. Lei lo troverebbe ragionevole e accettabile?”.

Sistemi proporzionali e parità di genere

Se dovesse dare a Cartabia un consiglio sulla futura legge elettorale? Maccora: “Non mi permetto di dare consigli alla Guardasigilli, ma per chi legge posso sottolineare tre aspetti, a mio giudizio rilevanti nel momento in cui il Parlamento si appresta a votare una nuova legge elettorale. Il Csm non è un organo di governo che presuppone maggioranze stabili, ma è un organo di rappresentanza e la sua legge elettorale richiede di salvaguardare il pluralismo esistente nella magistratura. I sistemi proporzionali o ad effetto proporzionale sono quelli più idonei a raggiungere questo risultato. Il ruolo dei corpi intermedi rimane ancora oggi rilevante, ma non vi è dubbio che occorre assolutamente evitare di avere un Consiglio di “nominati” favorendo così clientele e lobby, e restituire agli elettori e alle elettrici il diritto di selezionare i propri e le proprie rappresentanti nell’ambito di collegi non troppo piccoli, per evitare di alimentare impropri localismi. Infine occorre garantire la pari opportunità tra i generi, nel rispetto del primo comma dell’articolo 51 della Costituzione che recita: ‘Tutti i cittadini dell’uno e dell’altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di uguaglianza”.

Democrazia e magistratura

Non teme una legge che, dal sistema elettorale, ai criteri delle nomine, alle future regole disciplinari, metta la magistratura sotto schiaffo? “L’autonomia e l’indipendenza della magistratura, alla cui tutela il Csm è preposto con le sue molteplici attribuzioni, è il bene più prezioso che i cittadini devono difendere e salvaguardare – risponde Maccora – A rischio è la tutela dei loro diritti, soprattutto dei più deboli. Nonostante le carenze e i disservizi che si incontrano nel settore giustizia e gli errori che i singoli magistrati possono commettere spero che il Paese sia consapevole che la democrazia non può fare a meno di una magistratura autonoma e indipendente”.

Il magistrato

E infine l’ultima riflessione. Un po’ autobiografica e pessimistica. Si chiude il 2021. Seguo le sorti della magistratura dal 1988 quando conobbi i primi due giudici, a Palermo. Erano Falcone e Grasso. Mafia e corruzione. Le stragi e Mani pulite. Le leggi ad personam di Berlusconi. Ma adesso è sempre più forte una sensazione. Che mai come oggi la magistratura venga presentata dalla politica più come colpevole che come giusta. E i cittadini credono nella magistratura sempre meno. Lei, Maccora, come la vede? “Anch’io sento sulla mia pelle la sfiducia che circonda sempre più l’operato di noi magistrati. Anni di rappresentazioni all’opinione pubblica di una magistratura non imparziale hanno lasciato sicuramente il segno. A ciò si sono uniti gli errori e le cadute etiche della stessa magistratura, che ci sono state. E non ultimo la scelta dei media di esaltare i ruoli di alcuni magistrati sempre più presentati come eroi, quando la nostra funzione di tutto ha bisogno meno che di queste esaltazioni. Mi chiedo se oggi sia ancora ambito, come lo è stato per me dopo la laurea, scegliere questo percorso. Carichi di lavoro enormi, responsabilità sempre più pressanti, risorse materiali e personali insoddisfacenti. E però il contatto con i giovani tirocinanti che ci affiancano nel nostro lavoro quotidiano mi trasmette un’iniezione positiva: i loro occhi vedono e credono nella magistratura risolutrice imparziale di conflitti e garanzia di tutela dei diritti. Questo mi conforta. Loro sono i cittadini e le cittadine del domani”.

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